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Mostra fotografica: “Palazzo Moroder(1929- 2009): Un palazzo di Ancona tra storia e architettura”, dall'11 al 19 settembre 2009, presso la sala espositiva di Palazzo Camerata, a cura di Sauro Marini.

BREVI CENNI BIOGRAFICI DI RICCARDO MORODER a cura di Ivana Pellegrini

Il Cavalier Moroder è l’ultimo discendente di una delle famiglie più potenti di Ancona (cfr. M. Ciani, E. Sori, Ancona contemporanea – 1860-1940, Clua Edizioni, 1992, p. 538). Famiglia originaria della Val Gardena, precisamente Ortisei in Alto Adige, e da sempre dedita ai commerci. La sua presenza ad Ancona risale al 1801 con l’apertura di una ditta in via della Loggia. È questo il vero primo nucleo dei Moroder nella città dorica, che tutt’oggi vivono ad Ancona, noti per la produzione di vini di prestigio.

Nato ad Ancona l’11 agosto 1877, fin dalla giovinezza si dedicò all’agricoltura, conseguendo nel 1912 un prestigioso premio ministeriale per aver ammodernato e sistemato la sua vasta azienda agraria, come ricorda Gualtiero Santini in Gente anconitana (Tip. Edit. Sangallo, Fano, 1969, pp. 286-287).

Partecipò attivamente alla vita pubblica anconetana: nel 1923 fu consigliere comunale, eletto per la prima lista fascista; dal 1923 al 1926 fu assessore e poi sindaco; dal 24 dicembre 1926 all’8 agosto 1939 primo podestà fascista di Ancona, carica lasciata nel 1939 per motivi di salute. Il 9 agosto 1939 fu nominato dal re Vittorio Emanuele II senatore della XXX legislatura del Regno d’Italia, in riconoscimento dei suoi meriti; esperienza purtroppo breve a causa della morte, avvenuta il 6 novembre 1941, a 64 anni.

Durante gli oltre 12 anni trascorsi ad Ancona con la carica di podestà della città, Moroder ebbe “l’autorevolezza e la capacità di trasformare significativamente Ancona”, come sottolinea lo storico Massimo Papini [cfr. Il Secolo lungo – Le Marche nell’era dei partiti politici (1900-1990), Affinità elettive, 2014, p. 93], anche perché, aboliti i consigli comunali con la riforma del 1926 (istituzione del podestà), si può affermare che “il suo potere in città fu pressoché totale”.

L’alta considerazione, che gli fu riservata, è testimoniata dall’enfatica definizione di “uomo che tutto vede e che a tutto provvede”, che comunque trovò riscontro anche nella stampa locale: “Riccardo Moroder, uomo di azione che non ha intralci di sorta”, “il Cavalier Riccardo Moroder, appena insediato nell’alta carica di podestà si è subito dedicato allo studio dei progetti che maggiormente interessano il nostro Comune […]” (dal Corriere Adriatico dell’8 gennaio 1927).

In quegli anni Ancona registrò un cambiamento notevole della sua immagine, come è stato evidenziato, “anche per la crescita del ceto impiegatizio e per un’incipiente terziarizzazione, a cui risponde anche il piano urbanistico” (Papini, Ibidem, p. 93).

Mario Ciani ed Ercole Sori hanno fatto un elenco della considerevole mole di opere realizzate sotto il podestariato di Moroder, opere progettate secondo i “suggerimenti modernizzanti”, che il periodo tra le due guerre diede alla società dei paesi industrialmente avanzati: “case popolari, risanamento della zona Astagno, mercato coperto, mercato del pesce, nuovo campo sportivo, completamente edilizio del viale Adriatico, palazzo Littorio e delle Poste, nuovo mattatoio, Fiera della pesca, rinnovo delle condutture dell’acquedotto, realizzazione del nuovo collettore, nuovo albergo diurno, monumento ai caduti, ristrutturazione del sistema di illuminazione pubblica, sistemazione delle strade ed altro ancora”. (Ancona contemporanea, cit. p. 542).

Si iniziò così il piano di risanamento del 1929, che tuttavia fu bruscamente interrotto dal terremoto del 30 ottobre 1930, che causò quattro vittime e tanti danni. Ma proprio per la ricostruzione il podestà Moroder intervenne massicciamente, anche se è stato rilevato, il suo fu “di fatto un intervento che privilegia l’aspetto della rappresentatività e dell’immagine, nell’esaltazione del concetto di decoro urbano tipico della città liberale. […] Tra gli edifici propri di questa progettualità spiccano il palazzo del Littorio ed il dirimpettaio palazzo delle Poste. Tra i monumenti, quello ai caduti, al termine del Viale della Vittoria e la statua di Traiano in via XXIX settembre. Ma il primo vero segnale della ripresa anche economica è l’inaugurazione della prima edizione della Fiera della pesca nel 1933”. (Papini, Ibidem, p. 94).

Già nel 1928 ad Ancona era stato attribuito dal regime fascista il titolo di “porto peschereccio dell’Adriatico”, a testimonianza del ruolo che il governo intendeva assegnare alla città.

Nel 1935 la Fiera assunse una rilevanza ancora più ampia, diventando Mostra nazionale mercato della pesca, con esposizione di motori e motopescherecci di una certa importanza. Riccardo Moroder acquisì prestigio in qualità di primo presidente della manifestazione, che si protrasse fino al 1939.

È stato ben evidenziato dalla stampa locale, proprio in occasione della sua morte (vedi Guido Podaliri, La morte di Riccardo Moroder, in Corriere Adriatico del 6 novembre 1941) che Moroder “resse il Comune di Ancona con probità assoluta, nel delicato periodo nel quale l’Istituto podestarile faceva le sue prime prove […] e in ogni occasione portò la sua parola serena e ferma, il suo saggio consiglio e la sua larga esperienza […] Non vi fu iniziativa cittadina, provinciale o regionale che non trovasse la pronta comprensione di Riccardo Moroder […] Nei numerosi uffici pubblici ricoperti […] portò un alto senso del dovere e il contributo della sua esperienza nel settore amministrativo ed economico”.

A Riccardo Moroder è toccato più volte l’alto onore di ricevere il re, il duce, il principe di Piemonte ed altri principi di casa reale, che vollero confermare la loro simpatia verso la popolazione marchigiana, come si può vedere in alcune foto (cfr. Mostra fotografica di questo Archivio). E in particolare Benito Mussolini, nella sua visita ad Ancona il 3 novembre 1932, tessé l’elogio della gente marchigiana, “laboriosa e modesta, e che nulla chiedeva pur dando molto alla patria fascista”, elogio che giunse caro a tutti i marchigiani e per primo a Riccardo Moroder, che reggeva il più importante Comune delle Marche.

Possiamo concludere con le parole ancora di Podaliri, affermando che “gli anconetani ed i marchigiani avevano riconosciuto in lui un uomo della loro terra, poiché avevano visto eccellere quelle virtù di rettitudine, di sano equilibrio, di laboriosità e di modestia, proprie della gente picena e per questo lo amavano e lo stimavano”. (Ibidem).

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